top of page

Il nostro blog

Una serie continua di pubblicazioni informative dello Studio Legale Trizzino - Avv Giuseppe Trizzino

original?tenant=vbu-digital
original?tenant=vbu-digital

Le nostre pubblicazioni

original?tenant=vbu-digital

Il nostro ultimo post

15 marzo 2020

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

 Paesi europei a bassa tassazione: Opportunità per imprese e pensionati italiani.

Bulgaria

Tra i Paesi Europei a bassa tassazione non poteva mancare la Bulgaria.

Oggi è uno dei Paesi maggiormente interessati dal fenomeno del trasferimento di residenza all’estero.

Molti italiani si sono trasferiti in Bulgaria con profitto, ed hanno trovato un Paese pronto ad assecondare le loro attività economiche.

Inutile dire che il principale vantaggio di questo Paese, è il costo della vita relativamente basso. Naturalmente è necessario accontentarsi un po’, ma se si è disposti a sacrificare qualcosa rispetto all’Italia, si possono trovare interessanti vantaggi.

Primo e più interessante vantaggio, come vedrai, è quello di natura fiscale.

La tassazione delle persone fisiche

L’imposta sulle persone fisiche è regolata dall’“Income Taxes on Natural Persons Act”.

A partire dal 2008 la Bulgaria ha introdotto una flat tax unica del 10% che ha sostituito le precedenti aliquote progressive dell’imposta sul reddito (20%, 22% e 24%).

L’imposta grava su tutti i redditi delle persone fisiche ovunque prodotti per i residenti e su quelli prodotti sul territorio per i non residenti.

Con un’imposta del genere, con aliquota del solo 10% la Bulgaria è sicuramente uno dei Paesi Europei a bassa tassazione. Anzi, sicuramente è quello che offre un aliquota di imposta inferiore rispetto a tutti gli altri.

E’ considerato residente in Bulgaria chi:

Ha un domicilio permanente nel territorio nazionale;

E’ presente sul territorio per più di 183 giorni in un anno;

E’ inviato all’estero per conto di entità residenti;

Ha i propri interessi vitali nel territorio.

Sono considerati redditi di fonte bulgara:

I redditi derivanti da attività economica all’interno del territorio nazionale;

I redditi provenienti da attività di lavoro o prestazioni di servizi effettuate nel territorio nazionale;

I dividendi e le plusvalenze per la liquidazione di quote di partecipazione in società residenti;

I redditi provenienti dal trasferimento di ditte individuali residenti;

Qualsiasi remunerazione per attività svolte nel paese da sportivi, scienziati, artisti o figure pubbliche anche se pagati per mezzo di intermediari;

Tutti gli altri redditi previsti dalla legge.

L’imposta sul valore aggiunto

Il regime Iva è in vigore in Bulgaria 2007 segue quello adottato dagli Stati membri dell’Unione europea ed è basato sulla direttiva europea 2006/112/CE relativa al sistema comune del valore aggiunto.

L’imposta si applica a tutte transazioni di beni e servizi interni al Paese, agli acquisti intra-Ue e alle importazioni.

Le cessioni intracomunitarie e le esportazioni, il trasporto internazionale di merci e passeggeri e specifiche transazioni internazionali non sono imponibili ma danno diritto alla detrazione dell’Iva pagata all’acquisto.

In generale l’aliquota standard è del 20% con un’aliquota speciale del 9% per i servizi delle strutture ricettive.

Controindicazioni

Con uno dei regimi fiscali più bassi d’Europa la Bulgaria non può che essere allettante. Da considerare comunque che il tenore di vita e il livello dei servizi sociali ed assistenziali non è paragonabile a quello Italiano. Questo è l’unico aspetto che si deve prendere in considerazione se si vuole trasferirsi in questo Paese.

Basso livello di tassazione, ma allo stesso tempo anche minori servizi a cui poter attingere. Scelta da valutare bene caso per caso.

Malta

Malta è un arcipelago nel centro del Mar Mediterraneo, situato tra la Sicilia e la costa del Nordafrica.

Anche in questo caso si tratta di un piccolo stato europeo. Da un punto di vista fiscale, l’aspetto che rende attrattiva Malta è legato al fatto che è in vigore una tassazione wordlwide del reddito, ma in alcuni casi può diventare territoriale.

Per tassazione territoriale intendo dire che si pagano le imposte soltanto sui profitti generati sul territorio maltese. Oppure sui redditi generati all’estero ma riportati a Malta. E’ un principio di tassazione diverso da quello di tutti gli altri Paesi UE. Paesi che adottano una tassazione che è, invece, worldwide. Tuttavia, questa modalità di tassazione non sia applica genericamente, ma soltanto dietro apposita scelta.

Effetti positivi del regime fiscale territoriale

Il vantaggio fiscale di Malta è legato alla sua tassazione territoriale. Le persone fisiche e società sono tassate a Malta solo per i redditi ivi percepiti. Il regime fiscale territoriale si applica ai soggetti non domiciliati che sono tenuti a pagare le tasse nel paese di residenza solo sui redditi ivi prodotti.

Pertanto un cittadino non maltese, che trasferisce la residenza a Malta, nel rispetto delle norme in materia, acquisisce lo status di residente non domiciliato.

Un soggetto considerato residente non domiciliato a Malta pagherà le imposte sul reddito:

Sul reddito in qualsiasi forma prodotto a Malta e sul capital gain ivi prodotto;

Sui redditi da fonte estera solo se trasferiti a Malta.

Mentre, lo stesso soggetto non pagherà le imposte sul reddito su:

Sul ‘’clean capital’’ rimesso a Malta

Sul ‘’capital gains’’ prodotto all’estero e parzialmente o totalmente trasferito a Malta.

Teoricamente, quindi, con questo regime potresti arrivare anche ad abbattere la tassazione a zero.

Controindicazioni

Sebbene l’imposizione fiscale di Malta permette teoricamente abbattere le imposte a zero c’è un problema da tenere presente.

Le convenzioni Ocse prevedono che il generale criterio di residenza non trovi applicazione con riguardo ai soggetti imponibili nel supposto stato di residenza (applicando i criteri generali) esclusivamente per redditi derivanti da fonti ivi situate.

Questo vuol dire che se la tua residenza è a Malta, ma il tuo domicilio è situato altrove (es. Italia) rischi che il Fisco dell’altro paese pretenda che tu versi le imposte anche in quel paese. E’ fondamentale, infatti, il concetto di centro degli interessi vitali per stabilire la residenza fiscale di un soggetto.

Detto in altre parole se sei residente a Malta, ma vendi in Italia il Fisco italiano potrebbe pretendere la sua parte.

Tuttavia, questo aspetto può essere superato, se ad esempio si svolge un’attività con vendita in Paesi extra UE, senza avere in loco una stabile organizzazione.

Andorra

Andorra tra i Paesi di questa classifica è l’unico vero “Paradiso Fiscale“. Si tratta di un micro Stato situato nel centro dell’Europa (ma attenzione non fa parte della UE), precisamente al confine tra Francia e Spagna.

Ha una tassazione che si attesta intorno al 10%, quindi relativamente conveniente e molto bassa. Rispetto ad altri Paesi UE ha il vantaggio che il proprio sistema tributario funziona proprio grazie a questo tipo di tassazione agevolata. Se uno Stato come Andorra, infatti, aumentasse la tassazione perderebbe subito investimenti, imprese che investono e quindi entrate tributarie.

Ad oggi Andorra è una meta turistica di montagna ed è molto affascinante.

Imposta sul reddito delle persone fisiche

Le persone fisiche sono considerate fiscalmente residenti ad Andorra se:

Risiedono per più di 183 giorni ad Andorra;

Mantengono nel principato la base delle loro attività o interessi economici.

L’aliquota ordinaria è del 10% ma per i redditi appartenenti alla base imponibile generale l’aliquota è ridotta al 5% tra 24 mila e 40 mila euro.

I residenti senza attività economica possono scegliere il regime più conveniente tra quello ordinario o il pagamento forfettario di 30 mila euro annuali.

Imposta sul reddito delle società

La tassazione sul reddito delle società ad Andorra è molto vantaggiosa se confrontata con quella di altri Paesi UE.

L’imposta si applica al reddito delle persone giuridiche residenti fiscalmente nel territorio di Andorra.

Sono considerate residenti le imprese che soddisfano i seguenti requisiti:

Sono costituite secondo la normativa vigente;

Hanno la sede legale nel territorio di Andorra;

L’attività di direzione e controllo viene effettuata da Andorra.

I residenti sono tassati sui redditi di qualsiasi provenienza mentre i non residenti solo sui redditi di fonte andorriana.

In generale l’imposta è pari al 10% del reddito tassabile con l’eccezione del reddito delle istituzioni di investimento collettivo regolate dalla legge di diritto Andorrano per i quali l’aliquota è dello 0%.

E’ possibile ottenere una riduzione fino all’80% dell’imposta per quanti svolgono transazioni internazionali di beni tangibili e intangibili.

Controindicazioni

Sebbene i costi della vita non siano alti come in altri Paesi simili, vedi la Svizzera sicuramente non sono alla portata di tutti.

Potremmo dire che Andorra abbia un costo della vita comunque accettabile da destinato a crescere nel tempo. Questo in quanto negli ultimi anni sta davvero aumentando.

Svizzera

La Svizzera non fa parte dell’Unione Europea quindi non è costretta a rispettare le direttive illiberali varate ogni giorno dalla Commissione europea.

Si tratta sicuramente di un enorme vantaggio. Questo poiché il tuo patrimonio in Svizzera è sicuramente più al sicuro che in qualsiasi altro paese europeo.

In più si aggiunga che le imposte svizzere (soprattutto nel Canton Ticino) sono incredibilmente più basse dei paesi europei occidentali.

Il sistema di tassazione svizzero è molto complicato, ma sicuramente posso dirti che per te è meglio stabilirsi nel Canton Ticino sia per motivi fiscali che linguistici.

Inoltre la Svizzera è praticamente attaccata all’Italia e dista un paio di ore di automobile da Milano. Questo la rende la migliore candidata per chi deve frequentemente recarsi in italia.

Il vero vantaggio competitivo della Svizzera è la solidità del suo apparato bancario. Se i tuoi soldi sono in una banca svizzera puoi essere sicuro che tale Banca non fallirà mai. Inoltre, anche se non vi è più segreto bancario, la solidità di un istituto finanziario svizzero copre sicuramente il fatto che non esista più l’anonimato.

I tre livelli di imposizione

In Svizzera sono vigenti tre diversi livelli di imposizione. Si tratta dell’imposizione nazionale, cantonale e comunale.

Le persone fisiche vengono tassazione in base alla loro residenza fiscale. Mentre le aziende vengono tassate laddove risiede la sede sociale.

Mentre l’imposta federale ha una sola aliquota, quella cantonale varia tra uno Stato e l’altro e in base al capitale (o agli utili).

La prima incide in misura del 7,83% (al netto dei prelievi fiscali da parte di Cantoni e comuni) mentre l’imposta sugli utili a livello cantonale varia dal 4,4 al 19% (quella sul capitale si muove tra lo 0,03% e lo 0,3%).

Il comune applica prelievi sugli utili che variano dal 4 al 16% (e sul capitale tra lo 0,04 e lo 0,25%).

L’onere fiscale totale, che come detto varia dall’ammontare del capitale, degli utili, dal Cantone e dal Comune in cui l’azienda risiede, oscilla nel range che va dal 16 al 25%.

Controindicazioni

Oggi la Svizzera non è più un paradiso fiscale.

La tassazione sui redditi personali e di impresa è cresciuta molto. Sebbene ufficialmente i dati dell’OCSE ci fanno sembrare la Svizzera un paradiso in piena europa la realtà è un poco più complessa. Soprattutto perché in Svizzera il costo della vita è davvero molto elevato.

Inoltre anche le pressioni dell’Unione Europea vengono recepite e accolte con favore dalla Svizzera.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

  Come comprare casa All'asta.

Probabilmente anche tu sei stato tentato qualche volta di partecipare ad un’asta giudiziaria perché ti interessava un immobile o un altro bene che avresti potuto acquistare ad un prezzo di occasione. Se non l’hai fatto è forse perché alla fine non hai avuto la sufficiente disponibilità economica o forse perché ti spaventava l’idea di prendere parte ad una vendita dalla modalità a te sconosciuta.

Partecipare ad un’asta giudiziaria non è, poi, così complicato. E, inoltre, non ci vogliono dei requisiti particolari se non quello di non essere il debitore a cui è stato pignorato il bene oggetto della vendita. Tuttavia, è sempre buona cosa essere il più possibile informati sull’asta a cui si intende partecipare o che potrebbe destare attenzione. Capire, ad esempio, la differenza tra la vendita con intanto o senza incanto. Sapere come va presentata l’offerta e che cosa succede se si vince o se si perde. Ultimo aspetto (ma non ultimo): quanto costa partecipare ad un’asta giudiziaria e se si devono pagare delle tasse sul bene acquistato in caso di vittoria.

Chiunque può prendere parte alla vendita, che si tratti di una persona fisica o di una società. Ci vorranno, però, dei requisiti diversi, e vedremo anche questo per avere un’idea completa su come partecipare ad un’asta giudiziaria.

Indice

• 1 Asta giudiziaria: che cos’è?

• 2 Asta giudiziaria: chi può partecipare?

• 3 Asta giudiziaria: come partecipare?

• 4 Asta giudiziaria senza incanto: come funziona?

• 5 Asta giudiziaria con incanto: come funziona?

Asta giudiziaria: che cos’è?

Un’asta giudiziaria è il momento conclusivo del processo disposto da un giudice su richiesta di un creditore per portare a termine l’alienazione forzosa dei diritti di un debitore su un bene mobile o immobile al miglior offerente. In pratica, quando un bene (che si tratti di una casa, di un’opera d’arte o di altro) viene pignorato a chi ha un debito, quel bene viene venduto all’asta al fine di recuperare i soldi necessari a soddisfare il creditore. Se la vendita interessa un immobile, esso viene stimato da un perito incaricato dal tribunale. Chi offre di più, diventa proprietario di quel bene. Se la cifra per cui è stato venduti supera quella del debito, i soldi che avanzano tornano al debitore.

Tale trasferimento di proprietà viene determinato dal giudice con un apposito decreto emesso dopo il pagamento da parte di chi si aggiudica l’asta, che deve avvenire tra i 60 ed i 120 giorni successivi alla data della vendita. Il tribunale o il professionista delegato hanno il compito di trascrivere il passaggio di proprietà nei registri immobiliari e vengono cancellate tutte le ipoteche ed i pignoramenti che gravano sull’immobile, se esistenti.

Asta giudiziaria: chi può partecipare?

Chiunque può partecipare ad un’asta giudiziaria, sia una persona fisica o una società, senza l’assistenza di un avvocato. L’unico che non può prenderne parte è il debitore.

Se il partecipante è un normale cittadino, deve presentare domanda semplice in carta da bollo presso la cancelleria del tribunale o, in caso di delega, al notaio o al professionista incaricato. La domanda va presentata entro il giorno precedente l’asta.

Se, invece, si tratta di una società, la domanda dovrà essere presentata e sottoscritta dal legale rappresentante, allegando il certificato di iscrizione al Registro delle imprese della Camera di Commercio da cui risulti la costituzione della società ed i poteri di chi sottoscrive e presenta la richiesta di partecipazione.

Infine, se si tratta di più persone o di più società, serve specificare nella domanda le quote di diritto reale che, in caso di vincita, ciascuno dei partecipanti intende rilevare dal bene messo all’asta.

Asta giudiziaria: come partecipare?

Prima di partecipare ad un’asta giudiziaria, conviene verificare nella cancelleria del tribunale una serie di cose. Nello specifico:

• le modalità per sottoscrivere la domanda;

• l’importo degli assegni circolari da allegare alla domanda a titolo di cauzione;

• la perizia tecnica effettuata su richiesta del tribunale, in modo da sapere se l’immobile è in regola oppure ci sono delle sanatorie da fare, se è ancora occupato dal debitore o da qualche suo inquilino o usufruttuario;

• la possibilità di visitare l’immobile.

Altra questione da accertare è se sarà possibile partecipare fisicamente di persona all’asta. In caso contrario, ad esempio quando l’asta avrà luogo in una città lontana da dove si risiede, è possibile delegare una persona che assista alla vendita munita da procura speciale redatta da un notaio oppure incaricare un avvocato. In caso di aggiudicazione del bene, il professionista incaricato dovrà comunicare entro tre giorni alla cancelleria del tribunale per conto di chi ha partecipato all’asta, in modo da sapere a chi deve essere intestato il bene aggiudicato.

Una volta verificato tutto ciò, è necessario consultare su Internet l’avviso di vendita per sapere se si tratta di un’asta con o senza incanto (vedi sotto).

Asta giudiziaria senza incanto: come funziona?

Se la vendita avviene senza incanto, chi vuole partecipare all’asta giudiziaria dovrà inserire nella domanda questi dettagli:

• il tribunale ed il giudice dell’esecuzione;

• la data e l’ora dell’asta;

• le proprie generalità;

• numero e descrizione del lotto interessato;

• la somma offerta, che non deve essere inferiore al prezzo di partenza per l’acquisto;

• la cauzione del 10% sull’importo offerto.

La cauzione e l’anticipo delle spese devono essere allegati alla domanda in assegni circolari non trasferibili. L’intestazione viene indicata nell’avviso di vendita. Nella busta sigillata che contiene la domanda e gli assegni bisogna inserire anche una marca da bollo da 14,62 euro. All’esterno della busta non bisogna indicare il nome di chi fa l’offerta. La busta va recapitata entro il termine indicato nell’avviso di vendita. Se arrivasse in ritardo, la domanda non verrebbe accettata.

Asta giudiziaria con incanto: come funziona?

Quando il giudice determina un’ordinanza di vendita per un’asta con l’incanto, stabilisce:

• se devono essere venduti uno o più lotti dell’immobile pignorato;

• il prezzo base;

• la data e l’ora dell’asta;

• l’importo della cauzione (non superiore al 10% del prezzo di partenza);

• il termine entro il quale la cauzione deve essere depositata da chi intende partecipare all’asta giudiziaria;

• la misura minima in cui l’offerta può essere aumentata;

• il termine (di un massimo di 60 giorni dall’aggiudicazione) e la modalità in cui il prezzo deve essere depositato.

La domanda va presentata presso la cancelleria del tribunale interessato, sezione Esecuzioni immobiliari.

L’offerta fatta il giorno dell’incanto è valida quando supera il prezzo base stabilito dal giudice. Diventa, invece, nulla, nel momento in cui viene superata al rialzo da un’altra offerta. Trascorsi 3 minuti senza che ci sia un’ulteriore proposta, l’immobile viene aggiudicato all’ultimo offerente.

Tale aggiudicazione, però, è provvisoria. L’esecuzione diventa definitiva solo con la successiva pronuncia del decreto di trasferimento dell’immobile.

Attenzione, però: entro 10 giorni dall’aggiudicazione possono arrivare delle nuove offerte, purché siano:

• superiori di almeno 1/5 al prezzo per il quale il bene è stato aggiudicato;

• depositate nella cancelleria del tribunale;

• accompagnate da una cauzione di almeno il doppio di quella versata per partecipare inizialmente all’asta.

A questo punto, il giudice ha la facoltà di:

• convocare l’asta, della quale l’aggiudicatario deve essere informato;

• stabilire il termine entro il quale presentare ulteriori offerte al rialzo.

L’aggiudicazione diventa definitiva quando:

• non ci sono ulteriori offerte al rialzo al termine della prima asta giudiziaria;

• si conclude la gara sull’aumento di 1/5 rispetto alla prima asta.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

                     QUALI SERVIZI POSSIAMO OFFRIRTI.

I servizi fiduciari, resi ai sensi della legge n. 1966/1939, vengono prestati per il tramite di uno specifico contratto di mandato, con il quale la Nostra Società specializzata e fiduciaria viene incaricata dell’amministrazione dei beni, assumendo a proprio nome l’intestazione degli stessi. Nell’ambito di tale rapporto contrattuale, il Cliente rimane proprietario esclusivo dei beni affidati e ne mantiene il completo controllo. L’attività di amministrazione dei beni nell’ambito del servizio fiduciario è esclusivamente “statica”: ciò significa che la nostra società non può compiere alcun atto di disposizione sui beni oggetto di mandato se non dietro specifica istruzione da parte del cliente. La gamma di servizi fiduciari offerti comprende:

1. SERVIZIO TUTOR CONTINUO, e tutela del patrimonio e dei Risparmi.

Il nostro studio non si occupa solo di realizzare un progetto, o di tutelare un patrimonio, ma si propone, a richiesta, di seguire il cliente nel tempo e nel luogo scelto, perchè crediamo abbia senso offrire un servizio solo se questo giunge sino al fine.

2. AMMINISTRAZIONE FIDUCIARIA DI SOCIETÀ

Il servizio è relativo all’intestazione fiduciaria di azioni (quotate e non), quote di Srl, partecipazioni in società di persone (non comportanti la responsabilità illimitata del socio), obbligazioni italiane ed estere, nonché dei diritti di usufrutto e di nuda proprietà.

3. AMMINISTRAZIONE FIDUCIARIA DEI BENI MOBILI E IMMOBILI SENZA INTESTAZIONE FIDUCIARIA

Nell’ambito di questo servizio, il cliente può optare per rimanere intestatario dei beni che vengono amministrati dalla nostra fiduciaria allo scopo di operare come sostituto d’imposta sui redditi di capitale e diversi di natura finanziaria generati dai beni stessi. Lo strumento si dimostra particolarmente versatile in tutti i casi in cui la natura del bene o l’ordinamento estero in cui lo stesso è situato non consentono o rendono particolarmente gravosa la formale intestazione dello stesso alla fiduciaria.

4. AMMINISTRAZIONE FIDUCIARIA STATICA DEGLI INVESTIMENTI SUL MERCATO MOBILIARE

Il servizio prevede l’intestazione fiduciaria e l’amministrazione statica di valori finanziari, dossier titoli, conti correnti presso intermediari finanziari ed esteri.

Nell’ambito del servizio rientrano inoltre le attività di intestazione fiduciaria e amministrazione statica di contratti di gestione individuale di portafogli di investimento, intestazione fiduciaria di contratti di assicurazione italiani ed esteri, compravendita di titoli e valori, amministrazione fiduciaria di titoli a garanzia delle parti o di terzi.

5. AMMINISTRAZIONE FIDUCIARIA DI BENI ESTERI

Questo servizio, la cui richiesta è in continuo aumento, prevede l’intestazione fiduciaria di beni esteri al fine di sollevare il cliente da tutti gli adempimento di carattere fiscale connessi e derivanti dal possesso di attività all’estero. L’affidamento dei beni esteri alla fiduciaria consente, infatti, di trasferire alla stessa tutti gli adempimenti in materia di monitoraggio fiscale che altrimenti graverebbero sul cliente, primo fra tutti la compilazione del quadro RW del Modello Unico. Il nostro studio provvede inoltre al calcolo delle imposte Ivie ed Ivafe.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

Società fiduciaria: cenni.

Secondo la Legge 1966/1939 la Società Fiduciaria si propone di assumere l’amministrazione di beni per conto di terzi attraverso lo strumento della intestazione fiduciaria; nell’esercizio delle loro attività sono obbligate alla riservatezza sull’identità del proprietario effettivo, ma esistono anche determinati casi in cui diverse autorità pubbliche possono chiedere ed ottenere notizie sui loro fiducianti: solo una consapevole conoscenza di tali deroghe può permettere di raggiungere proficuamente gli obiettivi segregativi che ci si vuole prefiggere facendo ricorso all’intestazione fiduciaria di un patrimonio.

Coloro che sono mossi dall’intento di dotarsi di una struttura giuridica atta a fornire idonei elementi di protezione patrimoniale, sanno che il nostro ordinamento offre un panorama di istituti che, per i loro diversi aspetti possono raggiungere differenti risvolti segregativi.

A seconda della natura e dimensione del patrimonio che si vuole oggetto di tutela e degli obiettivi che si prefiggono, è possibile spaziare dalla costituzione di una società holding alla stipula di un patto di famiglia, dalla istituzione di un fondo patrimoniale fino alla determinazione di un trust.

Fra le occasioni messe a disposizione dal nostro ordinamento, un valido strumento di tutela patrimoniale ancorché solo indiretta è individuabile nell’intestazione fiduciaria. In questo caso, la protezione che deriva dall’utilizzo di tale strumento scaturisce più dal vincolo di riservatezza circa l’identità dell’effettivo proprietario di un bene che non dall’apposizione di un vero e proprio vincolo di natura patrimoniale sul medesimo.

Si tratta di una protezione indiretta quindi perché:

“se è vero che non può essere oggetto di aggressione ciò che non ci appartiene, o che comunque è soggetto a vincoli di destinazione suscettibili di limitare o annullare le pretese dei terzi, è altrettanto vero che non si può aggredire neppure ciò di cui non si conosce l’esistenza”

Quali beni possono essere oggetto di intestazione fiduciaria?

Di seguito, una sommaria lista di beni amministrabili:

Disponibilità liquide;

Certificati di deposito;

Accettazioni bancarie e titoli di debito;

Conti correnti;

Crediti di qualsiasi natura;

Contratti in genere;

Beni di Terzi in deposito o Garanzia;

Titoli di stato e sovranazionali;

Quote di fondi comuni di investimento;

Contratti di gestione patrimoniale;

Polizze assicurative;

Azioni ed obbligazioni quotate e non quotate;

Quote di partecipazione al capitale di società a responsabilità limitata;

Opere d’arte;

Beni immobili (attraverso una specifica procedura e veicolo).

Quali sono le motivazioni che spingono verso una intestazione fiduciaria?

Le motivazioni che possono portare all’utilizzo dell’intestazione fiduciaria sono molteplici. Proviamo, di seguito, ad individuare le più frequenti:

Garantire la discrezione a chi voglia effettuare un’operazione o detenere un bene

senza apparire;

Garantire un’effettiva separazione ed autonomia dei patrimoni tra business o

soggetti differenti;

Offrire riservatezza nella compravendita di pacchetti azionari;

Rappresentare in assemblea azionisti e obbligazionisti, anche nella forma del

sindacato di voto;

Esistenza di una situazione societaria conflittuale;

Supporto nell’identificazione di possibili partner finanziari per il reperimento di

capitali di rischio (venture capital – Private Equity);

Protezione, conservazione e amministrazione del patrimonio;

Protezione della sfera privata;

Discrezione e riservatezza delle informazioni relative alla propria situazione

patrimoniale;

Riorganizzazione di patrimoni familiari;

Necessità di nominare un sostituto d’imposta;

Necessità/richiesta di applicazione del regime di risparmio amministrato o gestito

(nei casi previsti dalla legge);

Partecipazione ad aste giudiziarie;

Amministrazione fiduciaria di contratti privati – escrow agent.

Società fiduciaria: disciplina fiscale

La valutazione del complesso normativo che regola l’attività fiduciaria dimostra l’esistenza di un certo favore del legislatore nei confronti di tale schermo operativo: la riservatezza che connota tale attività viene, infatti, generalmente riconosciuta dall’ordinamento pur tuttavia senza escludere specifiche deroghe previste per il perseguimento di precise finalità di volta in volta individuate dalla legge stessa.

In ambito prettamente fiscale le norme di riferimento in merito all’intestazione fiduciaria possono essere riscontrate nell’art. 32 del DPR n. 600/73 e l’art. 51 del DPR n. 633/72. Volendo operare in modo schematico possiamo riassumere quanto segue:

L’Amministrazione finanziaria non può chiedere alle società fiduciarie la comunicazione di dati e notizie relativi a soggetti indicati, ex art. 32, comma 1, n. 5 del DPR n. 600/73;

L’Amministrazione finanziaria può richiedere ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica, il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta. Questo ex art. 32, comma 1, n. 6-bis del DPR n. 600/73;

Gli uffici hanno la possibilità di chiedere alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata. Rientrano in questo ambito anche i servizi prestati nonché alle garanzie prestate da terzi. Questo ex art. 32, comma 1, n. 7, primo periodo del DPR n. 600/73;

Gli uffici possono chiedere alle società fiduciarie, tanto di amministrazione quanto di gestione, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese. Questo ex art. 31, comma 1, n. 7, secondo periodo DPR n. 600/73.

Se da una parte, quindi, si permette agli uffici di risalire, muovendo dall’indicazione della persona sottoposta ad accertamento (elemento noto) alle operazioni da questa posta in essere (elemento ignoto), si permette anche all’Amministrazione finanziaria di risalire muovendo dalle operazioni poste in essere dalla società fiduciaria in un dato periodo (elemento noto) alla persona su di cui si vuole operare l’accertamento (elemento ignoto).

Il segreto fiduciario è superabile soltanto ove l’Amministrazione abbia già iniziato una procedura di accertamento nei confronti di un contribuente individuato e sia divenuto necessario acquisire informazioni in possesso della stessa Società Fiduciaria.

La trasparenza fiscale

Gli interventi ufficiali dell’Amministrazione finanziaria in tema di fiscalità delle operazioni condotte o più in genere dell’attività esercitata da parte delle Società Fiduciarie, sono stati sporadici e quasi sempre espressivi di una posizione ormai completamente definita: le fiduciarie non sono considerate proprietarie dei beni ad esse fiduciariamente intestati, il che non impedisce l’applicazione di particolari regimi fiscali laddove questi spettino nei confronti dei titolari effettivi, dovendo prevalere il dato sostanziale sulla formale intestazione.

Nello specifico settore dei titoli azionari, l’Amministrazione finanziaria, rilevando che l’articolo 1 del Regio Decreto 29 marzo 1942, n. 239 dispone che:

“le società fiduciarie che abbiano intestato al proprio nome titoli azionari appartenenti a terzi sono tenute a dichiarare le generalità degli effettivi proprietari dei titoli stessi”

In questo modo viene escluso che, nel caso di intestazione fiduciaria di titoli azionari, la Società Fiduciaria possa essere considerata proprietaria dei titoli stessi.

Considerato, invero, che attraverso il c.d. rapporto fiduciario, la società dispone dei beni affidatigli nell’interesse del socio-fiduciante, nei limiti dell’accordo-mandato con questi concluso, l’Amministrazione ha convenuto che è da escludere che le fiduciarie possano liberamente disporre delle cose ricevute in consegna, se non nei limiti del mandato.

Infine, la detenzione di partecipazioni in imprese estere, anche se per il tramite di società fiduciarie, comporta comunque l’applicazione delle normative antielusive previste dal Testo unico delle imposte sui redditi in tema di transfer pricing, controlled foreign companies e società estere collegate ex artt. 110, 167 e 168.

Trasparenza fiscale nelle partecipazioni societarie

L’Amministrazione ha fatto proprio il principio per cui la Società Fiduciaria amministrando beni non propri, per definizione, non riveste anche nei confronti dei terzi, la qualità di proprietaria dei beni amministrati, ritenendo altresì che l’interposizione della società fiduciaria, tra la partecipata ed i soci, di per sé non rappresenta causa ostativa (né di decadenza) per l’applicazione del regime di trasparenza di cui agli articoli 115 e 116 del DPR n. 917/86, a condizione, naturalmente, che i fiducianti possiedano tutti i requisiti di ammissione al regime di trasparenza applicabile.

Ai fini dell’esercizio dell’opzione i fiducianti dovranno manifestare alla società fiduciaria – cui fa capo il legame giuridico con la partecipata – la volontà di avvalersi del regime di trasparenza. La comunicazione della volontà di optare per la trasparenza verrà invece effettuata alla partecipata dalla sola società fiduciaria, che garantirà che i fiducianti abbiano tutti i requisiti richiesti dalle norme per l’accesso al regime.

Attraverso tali comunicazioni ancora una volta viene garantita la riservatezza sull’identità dei fiducianti, nonché la possibilità per la società partecipata di valutare l’esistenza dei presupposti previsti dalla normativa di riferimento per accedere al relativo regime di trasparenza.

La Società Fiduciaria dovrà dichiarare alla partecipata:

Nell’ambito della trasparenza ex art. 115, che le società rappresentate abbiano le percentuali di voto ed utili previste da tale norma e che, nel caso di società estere, non vi sia obbligo di ritenuta sui dividendi;

Nell’ambito della trasparenza ex art. 116, quale sia il numero dei soci persone fisiche che la stessa fiduciaria rappresenta e che, nel caso di soci non residenti, non vi sia obbligo di ritenuta sui dividendi.

In relazione agli obblighi di imputazione del reddito imponibile si evidenzia che la partecipata deve trasmettere alla fiduciaria l’attestazione delle quote di reddito che risultano imputabili ai soci da quest’ultima rappresentati; la fiduciaria deve poi comunicare ai soci la quota di reddito imputabile a ciascuno.

L’Amministrazione finanziaria potrà effettuare il controllo sulla corretta dichiarazione delle quote di reddito dei soci sulla base delle informazioni che verranno raccolte nel modello 770 quadro SK che, come anticipato, deve comunque essere presentato dalla società fiduciaria.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

...Perchè costituire una società estera?

Un imprenditore ha delle scelte da compiere:

Può ristrutturare la propria azienda e patrimonio aziendale.

Può aprire una società all'estero quale Holding estera.

Può delocal​izzare all'estero parte o tutto l'asset produttivo.

Può defiscalizzare all'estero con risparmi tangibili.

Può costituire un Trust a tutela delle sostanze familiari e aziendali.

Può cedere quote, cartolarizzare debiti, emettere obbligazioni.

Questi i motivi per cui, affidarsi a noi.

Il nostro studio, affianca l'imprenditore passo passo, sino alla realizzazione della propria esigenza aziendale.

Ci occupiamo anche di offrire consulenza alla nascente realtà estera, affiancando l'imprenditore nelle sue attività e necessità.

I passaggi iniziano sempre da un colloquio preliminare, per valutare le esigenze ed operare della scelte idonee alle necessità.

Si prosegue redigendo un'analisi del caso, con un business plan, corredato da una relazione geopolitica del luogo scelto.

Successivamente si redige una relazione logistico-strategica e sulle possibili soluzioni aziendali in loco, permettendo la scelta su più progetti aziendali.

Dopodichè, l'imprenditore sarà immesso nel nuovo progetto che gli permetterà, una rinascita capace di gratificare le proprie competenze e capacità; " perchè in verità l'imprenditore il suo mestiere lo sa far bene e Noi cerchiamo solo di metterlo nelle condizioni di farlo" .

Ma quanto costa realizzare un progetto simile ?

Si costituiscono società estere, chiavi in mano a meno di € 1.500,00.

Noi, preferiamo prima conoscere le necessità, relazionarci con le esigenze aziendali, nel rispetto dei propri obiettivi a tutela del lavoro e dei sacrifici.

Solo dopo avere parlato con l'imprenditore, Siamo in grado di offrire una quantificazione sull'onorario , che rimane sempre a scelta dell'imprenditore circa le modalità di corresponsione.

Vogliamo studiare la soluzione aziendale migliore che permetta all'imprenditore di massimizzare guadagni e risparmiare spese indicando una valida proposta legale.

" perchè in verità l'imprenditore il suo mestiere lo sa far bene e Noi cerchiamo solo di metterlo nelle condizioni di farlo" .

Noi abbiamo a cura, la riuscita del Vostro progetto.

Quanto tempo ci vuole per realizzare un progetto estero?

Su questo possiamo, indicare il termine di tre mesi.

Infine ricordiamo che il colloquio non è impegnativo, e solo dopo avere ricevuto tutte le spiegazioni e chiarimenti l'imprenditore sarà libero di decidere se affidare l'incarico.

Contattaci per fissare un colloquio esplorativo.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

Trasferimento fiduciario di immobili

I risvolti fiscali correlati all’intestazione fiduciaria di un bene immobile sono essenzialmente riconducibili ai diversi momenti impositivi che seguono:

Spossessamento ed attribuzione formale della titolarità dei beni con cambio di intestazione dal fiduciante alla Società Fiduciaria;

Tassazione del reddito fondiario prodotto dall’immobile intestato fiduciariamente a livello erariale e locale;

Tassazione delle plusvalenze eventualmente conseguite con operazioni di realizzo sull’immobile intestato alla Società Fiduciaria;

Retrocessione della titolarità formale e ritrasferimento dell’immobile in capo al fiduciante alla conclusione del rapporto fiduciario.

Per ognuno di questi punti l’Amministrazione finanziaria ha concluso che:

La cessione per intestazione e quella in restituzione, consistendo in trasferimenti non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale:

Devono essere registrate in termine fisso e assoggettate all’imposta in misura fissa, se poste in essere per atto pubblico o scrittura privata non autenticata;

Possono essere registrate solo in caso d’uso ma comunque assoggettate all’imposta in misura fissa, se poste in essere per scrittura privata non autentica;

Parimenti in misura fissa sono dovute le imposte ipotecarie e catastali;

Il contratto fiduciario, quale atto avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, deve essere sottoposto a registrazione con aliquota del 3% applicata sulla commissione percepita dalla Società Fiduciaria;

Poiché la proprietà del bene rimane in capo all’effettivo proprietario, l’imputazione del relativo reddito fondiario non può che essere imputato al fiduciante, sul quale incombe anche il relativo obbligo di dichiarazione. Sul punto è doveroso evidenziare che in senso contrario secondo autorevole dottrina la tutela accordata alla riservatezza (in quanto fine cui tende il fiduciante con il contratto fiduciario) permette di ritenere che nel modello Redditi il fiduciante-dichiarante potrà inserire la posta reddituale nell’apposito quadro non menzionando il riferimento, che sarà esplicitato in sede di eventuale verifica, ove ritenuto necessario da parte dell’ufficio;

L’Imu, viceversa, deve essere corrisposta dalla società fiduciaria a decorrere dalla data dell’intestazione;

Le eventuali plusvalenze conseguite faranno carico all’effettivo proprietario-fiduciante quale reale percettore della fonte di reddito da esporre nella di lui dichiarazione;

Nessun particolare obbligo dichiarativo dei redditi imputabili agli (o ricavati dagli) immobili intestati fiduciariamente ricade sulla Società Fiduciaria.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

Il Recupero dei crediti.

COS’È IL RECUPERO CREDITI?

Si fa recupero crediti quando un cliente non paga le fatture. In questi casi, infatti, bisogna avviare procedure di recupero crediti per ricevere il pagamento a cui si ha diritto.

Con il termine recupero crediti si intendono tutte le azioni volte a recuperare una specifica somma di denaro che un soggetto, il debitore, deve ad un altro soggetto, il creditore. Il debito nei confronti del creditore nasce, di solito, dopo che quest’ultimo ha svolto una prestazione a favore del debitore e gli ha inviato tutta la documentazione necessaria al pagamento, come ad esempio la fattura. Se il debitore non paga la fattura entro la data di scadenza, è possibile iniziare la procedura di recupero crediti. Per farlo, però, è importante accertarsi che il credito non sia caduto in prescrizione e quindi diventato inesigibile.

Per riscuotere un credito potete chiedere assistenza a dei professionisti. Tuttavia, prima di affidarsi ad una società di recupero crediti, ci sono diverse azioni che potete avviare in autonomia per convincere il cliente a pagare la fattura.

Potete, per esempio, provare a riscuotere il vostro denaro telefonando al debitore. Oppure, potete inviare al cliente un promemoria, chiamato anche sollecito di pagamento. Consigliamo di inviarlo in tempi brevi e di includere:

• indicazione di effettuare il pagamento entro sette giorni;

• una specifica del reclamo al sollecito;

• una dichiarazione per cui, se il pagamento non viene effettuato entro sette giorni, verrà consegnato un reclamo per il ritiro merci a spese del cliente insolvente.

Se telefonate e lettere di sollecito non dovessero funzionare, consigliamo di rivolgervi a professionisti del settore, come ad esempio un’agenzia di recupero crediti o un avvocato.

FASI DEL RECUPERO CREDITI

Sia che vi affidiate ad un professionista, sia che agiate da soli, la riscossione dei crediti si divide in due fasi: la fase stragiudiziale e la fase giudiziale.

La principale differenza fra i due procedimenti è che, mentre durante la fase stragiudiziale si richiede di pagare senza coinvolgere il Tribunale, in fase giudiziale ci si rivolge ad un giudice per ottenere il pagamento della fattura.

Fase stragiudiziale del recupero crediti

In genere, ogni procedura di riscossione crediti inizia in fase stragiudiziale. Questa fase è chiamata anche soluzione amichevole e permette di ottenere risultati in tempi brevi e con costi limitati. Gli strumenti tipici della fase stragiudiziale sono:

• Sollecito di pagamento scritto e/o telefonico;

• Piano di rientro;

• Messa in mora.

Tutte queste azioni hanno l’obiettivo di invitare il debitore a pagare in modo spontaneo.

Fase giudiziale del recupero crediti

Se, nonostante le richieste di pagamento, il debitore continua a non pagare, si può procedere in via giudiziale. In questo caso, il creditore dovrà rivolgersi al Tribunale per ottenere una condanna al pagamento. In questa fase del recupero crediti, però, è necessario chiedere assistenza ad un avvocato.

Le principali procedure giudiziali di recupero crediti sono:

• Ingiunzione di pagamento;

• Processo ordinario di cognizione;

Procedimento europeo di ingiunzione di pagamento.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro secondo post

14 febbraio 2020

Il Tributo, imposta e contributo: cosa sono.

Spesso superficialmente utilizzati come sinonimi, i termini di tributo, imposta, tassa e contributo celano significati evidentemente molto diversi per forma e per natura.

Introduciamo pertanto un tema – quello del diritto tributario – di cui ci occuperemo a lungo nel corso delle prossime settimane, attraverso uno sguardo preliminare al senso di tali prestazioni.

Cos’è il tributo

Cominciamo dal tributo, una prestazione che ha tra i suoi termini distintivi il fatto che consiste in un’obbligazione che ha per oggetto una prestazione pecuniaria a titolo definitivo, che nasce direttamente o indirettamente da una legge, e che sorge solamente in presenza di un presupposto di un fatto, e non di un illecito.

Ricondurre un’entrata all’interno del recinto “tributario” è estremamente importante. La connotazione del carattere di un tributo conduce – tra gli altri – ad attribuire all’entrata in questione i termini di impignorabilità, non assoggettabilità ad altre forme di imposizione, competenza esclusiva del Tribunale nelle ipotesi di controversie e legittimità ad autorizzare ispezioni per l’accertamento di atti di evasione, in deroga al principio di inviolabilità del domicilio.

In altri termini, il tributo è una prestazione obbligatoria, generalmente richiesta dallo Stato, da ente pubblico o da pubblica amministrazione, esercizio della potestà di un ente sovrano.

All’interno dei tributi si possono distinguere imposte, tasse e contributi. Ma cosa sono?

Cos’è l’imposta: differenza con il tributo

L’imposta è un’obbligazione pubblicistica, indisponibile, di solito pecuniaria, a titolo definitivo, che ha origine diretta o indiretta dalla legge. Il nobile obiettivo dell’imposta è quello di effettuare dei prelievi di ricchezza sui contribuenti, al fine di poter far fronte a fini di interesse generale. In altri termini, con le imposte lo Stato induce i cittadini a partecipare al finanziamento della spesa pubblica che risulta essere destinata a servizi indivisibili, quali possono essere la difesa, la giustizia, l’ordine pubblico.

Di qui, è possibile trarre diverse considerazioni di rilievo. In primo luogo, l’imposta è un tributo che contrariamente alle altre figure che avremo modo di esaminare si contraddistingue per la sua funzione tipica, ovvero attuare il concorso alla spesa pubblica. Il contribuente risulterà pertanto essere tenuto al pagamento dell’imposta per il solo fatto che esiste una spesa pubblica da distribuire.

A sua volta, per questo motivo l’imposta è definibile come una obbligazione di riparto di oneri economici pubblici, tale per cui ogni contribuente sarà “debitore” di una quota di tale tributo, unitamente alla platea di tutti gli altri contribuenti.

Considerato che l’art. 23 della nostra Costituzione prevede che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”, ne discenderà che sarà ogni legge d’imposta a dover determinare chi siano i soggetti passivi della contribuzione, e in che modo debba essere ripartita l’imposta, o ancora quali siano i fatti o le situazioni dai e dalle quali si fa dipendere la determinazione della quota di contribuzione per ciascun soggetto.

Anche l’imposta è peraltro indisponibile sotto il profilo della sua obbligazione: mentre infatti in diritto privato il creditore può sempre rinunciare al credito vantato, il creditore tributario non può farlo poiché il suo credito non è a sé stante, ma è una quota dell’imposta totale.

Cos’è la tassa

Arriviamo dunque a occuparci della tassa, un prelievo che viene operato nei confronti di tutti coloro i quali domandano e ottengono un servizio pubblico divisibile, come l’istruzione, i concorsi, e così via. Di norma, il servizio pubblico è fornito su richiesta del soggetto e può produce un beneficio in capo a quest’ultimo, ma non è affatto detto che sia così: alcune tasse vengono infatti versate a fronte di un’attività pubblica provocata ma non richiesta dal soggetto obbligato, come avviene per il pagamento di una tassa giudiziaria dovuta da chi ha subito un processo penale.

Pertanto, per poter definire correttamente la tassa concorrono almeno due punti: l’esistenza di tasse volontarie, e il dubbio sull’appartenenza o meno alla categoria delle tasse di molti corrispettivi di pubblici servizi.

In primo luogo, può esser utile rammentare come l’appartenenza alla categoria di tassa di un dato corrispettivo è generalmente riconducibile alla sua manifestazione originaria. Se in altri termini la fonte della tassa è un contratto, occorrerà comprendere se la normativa applicabile a tale rapporto sia o meno quella di diritto privato: se tale normativa risulta applicabile, la contropartita economica del servizio sarà un corrispettivo di diritto privato, altrimenti si tratterà di una tassa.

Se invece l’origine del rapporto non è un contratto, e l’atto “fonte” non è previsto o disciplinato contrattualmente, l’aspetto rilevante per poter qualificare la tassa è la disciplina dell’adempimento dell’obbligazione e dell’acquisizione dell’entrata. In termini più concreti, la tassa richiederà in questo caso i caratteri di un’entrata coattiva e, pertanto, il procedimento acquisitivo dovrà prevedere l’utilizzo di strumenti come, ad esempio, l’atto di imposizione o l’autotutela esecutiva. In caso contrario si parlerà più semplice di corrispettivo.

Traendo le conclusioni, la tassa si distingue da imposte e corrispettivi dal fatto che risulta essere dovuta in relazione alla fruizione di un servizio pubblico o di un’attività che viene resa dall’ente pubblico all’obbligato. Ne consegue altresì che la tassa non è dovuta o, se è pagata, deve essere restituita, qualora il servizio non sia stato reso per fatto imputabile all’ente pubblico erogatore. Ancora, è noto che l’ammontare della tassa non potrà superare il costo del servizio reso e che per i servizi relativi ai bisogni essenziali o irrinunciabili della vita (come l’istruzione) dovrà essere sempre rispettato il canone della capacità contributiva.

Cos’è il contributo

Concludiamo infine con il contributo, un prelievo coattivo di ricchezza effettuato nei confronti di coloro che traggono un beneficio individuale da opere o servizi di rilevanza generale.

Per certi versi, non è certo inidoneo affermare che il contributo è inquadrabile come una prestazione riconducibile sia all’istituto dell’imposta, sia a quello della tassa.

In particolar modo, in maniera simile a quanto avviene con le tasse, anche il contributo nasce con lo scopo di far gravare una parte del costo del servizio o dell’opera su coloro che se ne avvantaggiano in maniera specifica.

Si parla in particolar modo di contributi di natura fiscale, richiesti a coloro che si avvantaggiano dall’utilizzo di opere pubbliche, oppure sociali, determinati accantonamenti di reddito per far fronte ad esigenze future, prevalentemente di natura previdenziale.

"Sul regime giuridico delle opposizioni ".

Voglio fare il punto circa l'attuale disciplina delle opposizioni contro gli atti della riscossione mediante ruolo.

Diverso tempo fa, avevo già parlato dell'argomento in questo articolo, ma voglio riprenderlo in maniera più completa, e soprattutto alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale.

Lo farò con una serie di articoli.

In questo, il primo della serie, tratterò delle opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi.

Posso sin da ora, comunque, isolare il seguente principio generale e di massima: quando la contestazione avanzata dal debitore è volta a contestare il diritto dell'Agente della Riscossione a richiedere il pagamento delle somme (per esempio, per intervenuta prescrizione o decadenza) allora su di essa deve decidere il Giudice che è competente per il merito della questione, che può essere diverso a seconda della natura del credito azionato.

Per esempio, per i crediti di natura tributaria è competente il Giudice tributario (Commissione Tributaria), per i crediti nascenti da violazioni del codice della strada è competente, in generale e salvo ipotesi particolari, il Giudice di Pace, per i crediti INPS è competente il Giudice del Lavoro ecc. ecc.

Quando si contesta, invece, la regolarità formale degli atti del pignoramento, della cartella di pagamento, del ruolo o della loro notifica, allora sulla domanda deve decidere il Giudice dell'esecuzione, cioè sempre il Tribunale, anche se, per il merito, sarebbe competente un altro Giudice.

Come vedremo in questo e nei prossimi articoli, pur potendo sembrare, a tratti, le norme che esaminerò intricate e confusionarie, il loro combinato disposto finisce sempre con il rispettare il suddetto principio.

In linea generale contro gli atti della riscossione mediante ruolo (quindi posti in essere da Equitalia, ora sostituita da Agenzia delle Entrate-Riscossione, o, in Sicilia, Riscossione Sicilia Spa) è possibile opporsi con gli strumenti dell'opposizione all'esecuzione e dell'opposizione agli atti esecutivi.

La prima (l'opposizione all'esecuzione) è regolata dagli artt. 615 e ss. del codice di procedura civile.

Si tratta dell'azione con la quale il debitore contesta il diritto stesso del creditore a procedere ad esecuzione forzata; la seconda (l'opposizione agli atti esecutivi) è regolata, invece, dagli artt. 617 e ss. del codice di procedura civile e con essa il debitore contesta la regolarità formale degli atti dell'esecuzione o della loro notifica.

Le modalità di presentazione delle due opposizioni citate e le regole processuali che le disciplinano, sono differenti a seconda che l'opposizione sia proposta prima o dopo l'inizio dell'esecuzione forzata.

L'esecuzione forzata inizia con il pignoramento, pertanto le modalità di presentazione e le regole processuali delle opposizioni di cui trattiamo, differiscono a seconda che esse siano presentate prima o dopo il pignoramento.

Ora, le opposizioni in parola sono state pensate e strutturate dal Legislatore, all'inizio degli anni 40, con riguardo alla procedura di esecuzione forzata ordinaria, regolata dal codice di procedura civile.

Quest'ultima si snoda come segue:

1. Il creditore ottiene un titolo esecutivo, per esempio una sentenza;

2. Il creditore deve fare apporre al titolo esecutivo la c.d. formula esecutiva;

3. Il titolo esecutivo, munito della formula esecutiva, deve essere notificato al debitore;

4. Il creditore deve notificare al debitore un atto di precetto, che consiste, in breve, in una intimazione ad adempiere entro un termine preciso. Il precetto può essere notificato contemporaneamente al titolo esecutivo, oppure successivamente;

5. Infine, il creditore procede con il pignoramento, che segna l'inizio dell'esecuzione forzata

Tuttavia, la procedura di riscossione mediante ruolo differisce, non poco, dall'esecuzione forzata ordinaria.

Ed infatti, nella riscossione mediante ruolo, il titolo esecutivo è rappresentato, appunto, dal ruolo e non necessita dell'apposizione di una formula esecutiva; inoltre, non esiste affatto un vero e proprio atto di precetto.

La funzione di quest'ultimo, è assolta, nel contesto della riscossione mediante ruolo, dalla cartella di pagamento, che è la porzione di ruolo che si riferisce al singolo debitore cui è notificata. Maggiori informazioni si trovano nell'articolo dedicato alla riscossione mediante ruolo.

La cartella di pagamento, pertanto, è equiparata dalla Giurisprudenza al precetto e la sua notifica è equiparata alla notifica del titolo esecutivo.

Un'altra fondamentale differenza tra l'esecuzione forzata ordinaria e la riscossione mediante ruolo è che mentre nella prima al precetto

segue necessariamente il pignoramento, nella seconda alla cartella di pagamento possono seguire - e, di fatto, sempre seguono - atti

differenti e sui generis, che non hanno natura di atti di esecuzione.

Mi riferisco, per esempio, al preavviso di fermo o all'iscrizione di ipoteca, come anche alla notifica delle intimazioni di pagamento.

Da quanto dico, risulta evidente che l'applicazione delle azioni di opposizione di cui trattiamo al procedimento di riscossione mediante ruolo risulta, a volte, problematica e può essere causa di confusione ed incertezze.

Non a caso, si tratta di una materia tra le più ricorrenti nelle sentenze della Corte di Cassazione.

I problemi consistono, generalmente, nello stabilire quando e come tali azioni sono applicabili e nel fissare i confini tra esse e le altre azioni previste a tutela del debitore contro il procedimento di riscossione mediante ruolo.

L'opposizione all'esecuzione

Il debitore può contestare il diritto stesso del creditore di procedere ad esecuzione.

Ciò avviene, per esempio, quando il debitore neghi che il creditore sia munito di un valido titolo che lo legittimi a porre in essere l'esecuzione, oppure quando eccepisca che il diritto del creditore sia venuto meno per qualsivoglia ragione; per esempio, per intervenuta decadenza o prescrizione, oppure perchè il debitore ha già pagato quanto dovuto.

Tale contestazione può avvenire attraverso l'azione di opposizione all'esecuzione.

Prima dell'inizio dell'esecuzione forzata (opposizione a precetto)

Quando l'opposizione all'esecuzione è proposta prima dell'inizio dell'esecuzione (cioè prima del pignoramento) essa prende il nome di "opposizione al precetto".

Ed infatti, il pignoramento (che segna l'inizio dell'esecuzione forzata) come abbiamo visto, deve essere preceduto dalla notifica del precetto, nell'esecuzione ordinaria.

Va da sè, quindi, che opporsi all'esecuzione, prima che questa sia iniziata, significa opporsi al precetto.

Nell'ambito della riscossione mediante ruolo, come abbiamo visto, tuttavia la cartella di pagamento equivale al precetto e la sua notifica equivale alla notifica del titolo esecutivo.

Ne consegue che, nel contesto della riscossione mediante ruolo, l'opposizione all'esecuzione prima del pignoramento, è rivolta contro la cartella di pagamento e con essa possono essere fatte valere eccezioni e contestazioni relative a fatti verificatisi prima della notifica della cartella di pagamento.

I fatti successivi potranno essere fatti valere con l'azione di accertamento negativo del diritto, di cui parlerò nei prossimi articoli. Se comunque si tratta di fatti successivi al pignoramento, allora essi potranno essere fatti valere con l'opposizione all'esecuzione successiva all'inizio dell'esecuzione, di cui tratterò nel prossimo paragrafo.

Tanto precisato, l'opposizione al precetto è regolata dagli artt. 615 e ss del codice di procedura civile, in base ai quali essa si presenta con citazione dinanzi al Giudice competente per materia o per valore e per territorio.

In altre parole, l'opposizione in parola si presenta al Giudice che è competente per il merito della questione; ed infatti, con essa si introduce un ordinario giudizio di cognizione.

Così, per esempio, quando l'opposizione alla cartella abbia ad oggetto una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada essa deve essere proposta dinanzi al Giudice di Pace territorialmente competente, in quanto questi è il Giudice competente per materia a conoscere delle controversie relative alle violazioni del codice della strada, salvo ipotesi particolari di cui tratterò nei prossimi articoli.

Al contrario, quando la sanzione amministrativa non sia relativa al codice della strada, ma, per esempio, alla tutela del lavoro, allora l'opposizione dovrà essere proposta, a prescindere dal valore, al Tribunale, perchè questi è il Giudice competente per il merito in materia di tutela del lavoro.

Nel caso in cui la competenza appartenga al Giudice del Lavoro (per esempio crediti INPS), l'opposizione dovrà essere introdotta non con citazione, ma con ricorso.

Il Giudice investito del giudizio di opposizione può sospendere, su richiesta del debitore, l'efficacia esecutiva del titolo, in tutto o in parte, quando ricorrano gravi motivi.

L'opposizione a precetto, infine, non è prevista per i crediti di natura tributaria, per i quali sussiste la giurisdizione esclusiva della Commissione Tributaria; parlerò, nei prossimi articoli, più diffusamente dei rapporti tra le due giurisdizioni.

Come è evidente, le norme rispettano il principio che ho prima isolato: se la contestazione investe il diritto a procedere ad esecuzione, decide su di essa il Giudice cui appartiene la competenza sul merito.

Dopo l'inizio dell'esecuzione forzata

Quando l'opposizione all'esecuzione è proposta dopo l'inizio dell'esecuzione forzata, cioè dopo il pignoramento, essa si presenta sempre - quindi, a prescindere dal valore e dalla natura del diritto in contestazione - con ricorso al giudice dell'esecuzione, cioè al Tribunale.

Con tale azioni, per quanto concerne la riscossione mediante ruolo, potranno essere fatte valere tutte quelle circostanze (es. prescrizioni o decadenze) verificatesi successivamente al pignoramento.

In questo caso, il procedimento è suddiviso in due fasi.

La prima fase è di natura cautelare e sommaria; essa ha lo scopo, cioè, di consentire al Tribunale di adottare, velocemente e senza particolari formalità, tutti i provvedimenti provvisori ritenuti opportuni, come per esempio, la sospensione della procedura esecutiva.

La seconda fase, al contrario, è un ordinario giudizio di cognizione, che si svolgerà dinanzi al Giudice competente per il merito della questione, che potrebbe ben essere diverso, come abbiamo visto, dal Tribunale.

Quindi, il Giudice dell'esecuzione (il Tribunale) ricevuto il ricorso in opposizione all'esecuzione, fisserà con decreto l'udienza per la comparizione delle parti, così dando il via alla prima fase, quella cautelare e sommaria.

In questa fase, Giudice emetterà i provvedimenti cautelari e provvisori ritenuti opportuni (esempio: sospensione) e poi emetterà i provvedimenti relativi all'avvio della seconda fase, quella di merito.

In particolare, se per il merito è competente lo stesso Ufficio Giudiziario, assegnerà un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà.

Se, invece, il Tribunale, Giudice dell'esecuzione, non è competente per il merito, rimetterà la causa al giudice competente, assegnando alla parte interessata un termine perentorio per la riassunzione.

Quindi, se, per esempio, l'esecuzione forzata era stata avviata per il recupero di un credito nascente da violazione delle norme del codice della strada, il Tribunale investito dell'opposizione all'esecuzione, dopo avere esaurito la prima fase del procedimento (nella quale avrà eventualmente sospeso la procedura esecutiva) dovrà rimettere la causa per il merito al Giudice di Pace, essendo questo il Giudice competente per materia, in generale e salvo ipotesi particolari di cui tratterò nei prossimi articoli.

Anche in questo caso, è rispettato il principio generale. Sul diritto o meno di procedere ad esecuzione forzata, infatti, anche in questo caso, deciderà esclusivamente il Giudice competente per il merito, mentre il Giudice dell'esecuzione (il Tribunale) si limita ad emettere i provvedimenti cautelari e provvisori (sospensione), che non investono il merito della pretesa, ma hanno la sola funzione di evitare al debitore, in presenza di gravi motivi, il pregiudizio che gli deriverebbe se si proseguisse con l'esecuzione in pendenza di causa, per poi scoprire che il creditore non aveva diritto di agire.

L'opposizione all'esecuzione successiva all'inzio dell'esecuzione forzata, per i crediti di natura tributaria, è consentita (contrariamente, quindi, all'opposizione alla cartella di pagamento, quella precedente l'esecuzione) seppur con alcune limitazioni, ad oggi, invero, di molto ridimensionate a seguito di una recente sentenza della Corte Costituzionale. Ne parlerò più diffusamente nei prossimi articoli.

L'opposizione agli atti esecutivi

Come ho già detto, è possibile che il debitore non contesti il diritto del creditore a porre in essere l'esecuzione, ma semplicemente la regolarità formale degli atti o della loro notifica.

Ciò avviene quando il debitore lamenti che l'atto preso in considerazione non sia conforme allo schema legale previsto dal Legislatore per quell'atto oppure quando contesti che quell'atto sia stato correttamente notificato.

Nel contesto della riscossione mediante ruolo, sono da considerarsi opposizioni relative alla regolarità formale degli atti:

• La mancata (o invalida) notifica della cartella o degli altri atti dell'esecuzione;

• L'assenza di motivazione della cartella di pagamento o degli altri atti dell'esecuzione;

• La mancata sottoscrizione del ruolo, della cartella di pagamento o degli altri atti dell'esecuzione;

• La mancata indicazione del responsabile del procedimento;

• La mancata indicazione dei criteri di calcolo degli interessi;

• La mancata indicazione degli atti precedenti.

Si tratta di elenco, ovviamente, non esaustivo e a titolo meramente esemplificativo.

Bene, l'opposizione agli atti esecutivi si presenta sempre dinanzi al Tribunale competente per territorio che, in quanto giudice dell'esecuzione, è competente per materia a conoscere di tali controversie, a norma del combinato disposto degli artt. 9 e 480 terzo comma c.p.c.

Come per l'opposizione all'esecuzione, anche per quella agli atti esecutivi dobbiamo distinguere il caso in cui essa sia presentata prima dell'inizio dell'esecuzione, dal caso in cui essa sia presentata dopo l'inizio dell'esecuzione.

Prima dell'inizio dell'esecuzione forzata

Prima dell'inizio dell'esecuzione (cioè prima del pignoramento), in linea generale, gli atti la cui regolarità formale può essere contestata sono solo due: il titolo esecutivo ed il precetto.

Nella espropriazione forzata ordinaria, invero, questi sono gli atti che precedono il pignoramento.

L'art. 617 primo comma, recita infatti:

Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma (...)

L'opposizione deve essere presentata entro 20 giorni dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto, con citazione dinanzi al Giudice dell'esecuzione, cioè il Tribunale.

La norma, più precisamente, fa riferimento al Giudice indicato nell'art. 480 terzo comma.

Ed infatti, secondo il dettato di tale ultima disposizione, il creditore che notifichi il precetto deve in esso dichiarare di essere residente, o eleggere domicilio, nel comune in cui ha sede il Giudice competente per l'esecuzione (per esempio, nel caso di escuzione su beni immobili è il Tribunale del luogo in cui i beni si trovano). In mancanza di tale dichiarazione, le opposizioni si propongono presso il giudice del luogo in cui l'atto è stato notificato.

Come abbiamo visto, tuttavia, nella riscossione mediante ruolo non esiste un vero e proprio atto di precetto, ma una cartella di pagamento.

Quest'ultima, pertanto, come ho già detto, è - a ragione - equiparata dalla Giurisprudenza all'atto di precetto, in quanto, in effetti, essa svolge la stessa identica funzione del precetto. Nella riscossione mediante ruolo, poi, il titolo esecutivo è rappresentato appunto dal ruolo.

Ne risulta che, con l'opposizione agli atti esecutivi, prima dell'inizio dell'esecuzione, si possono fare valere i vizi formali della cartella di pagamento e del ruolo (per esempio, mancata sottoscrizione, mancata motivazione, assenza dei criteri di calcolo ecc.).

Per quanto concerne i vizi di notifica della cartella (che sono - come ho già detto più sopra, e facendo un parallelo con l'esecuzione ordinaria - i vizi di notifica di precetto e titolo esecutivo, essi non possono essere fatti valere con l'opposizione agli atti esecutivi prima dell'inizio dell'esecuzione.

Ed infatti, il primo comma dell'art. 617 cit., quello che sto analizzando in questo momento e che regola l'opposizione agli atti esecutivi prima dell'inizio dell'esecuzione, si riferisce esclusivamente alle "opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto".

Le contestazioni relative alla notifica del titolo e del precetto, al contrario, sono espressamente inserite dal legislatore nel secondo comma dell'art. 617 cit., che regola l'opposizione agli atti esecutivi, dopo l'inizio dell'esecuzione.

I vizi di notifica della cartella, pertanto, si possono fare valere solo con l'opposizione agli atti esecutivi, dopo l'inizio dell'esecuzione, quindi solo dopo il pignoramento.

Parlerò nel prossimo paragrafo dell'opposizione agli atti esecutivi dopo l'inizio dell'esecuzione.

Ora, per quanto tale assetto normativo possa, a prima vista, apparire pregiudizievole per il debitore, in realtà a quest'ultimo sono comunque garantiti adeguati strumenti di tutela contro gli atti della riscossione mediante ruolo, in ogni fase della stessa.

E' necessario, infatti, ribadire che le azioni di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi sono state pensate dal Legislatore in relazione alla ordinaria esecuzione forzata, come prevista dal codice civile e pertanto esse sono strutturate con riguardo alla sequenza di atti tipica dell'esecuzione forzata ordinaria.

Tale sequenza, come abbiamo accennato, si snoda come segue: ottenuto un titolo esecutivo (es. una sentenza), esso va notificato, successivamente (o contemporaneamente con il titolo esecutivo) va notificato un atto di precetto e successivamente si pone in essere il pignoramento, che segna l'inizio dell'esecuzione forzata vera e propria.

Nell'esecuzione forzata ordinaria, pertanto, non esistono atti che sia necessario notificare tra il precetto ed il pignoramento.

Ne consegue che i difetti di notifica di precetto e titolo esecutivo non possono che logicamente farsi valere solo dopo la notifica dell'atto di pignoramento.

Prima del pignoramento, infatti, da un lato il debitore non avrebbe alcun interesse a farli valere, e dall'altro se lo facesse, rischierebbe di sanare il difetto di notifica eccepito, in quanto, proprio eccependolo, il debitore dimostrerebbe che la notifica ha raggiunto il suo scopo (che è di portare a conoscenza del destinatario l'atto).

Il procedimento di riscossione mediante ruolo, tuttavia, differisce - e non poco - dalla ordinaria esecuzione forzata e, per l'appunto, dopo la notifica della cartella di pagamento esso può proseguire e - di fatto - sempre prosegue con la notifica di ulteriori atti diversi dal pignoramento e non aventi natura di atti propri dell'esecuzione forzata. Mi riferisco, per esempio, al preavviso di fermo su beni mobili registrati, alle intimazioni di pagamento, all'iscrizione di ipoteca ecc.

Non avendo tali natura esecutiva, contro di essi non si possono esperire le azioni di cui trattiamo.

Conseguentemente, le norme che regolano le opposizioni agli atti esecutivi ed all'esecuzione forzata non sempre sono idonee ad offrire al debitore uno strumento di tutela completo ed idoneo contro gli atti della riscossione mediante ruolo.

Tuttavia, tale tutela è offerta da altre azioni.

Ed infatti, innanzittutto, per quanto concerne i crediti di natura tributaria, prima dell'inizio dell'esecuzione, la giurisdizione appartiene in via esclusiva al Giudice tributario (Commissioni Tributarie) e si estende tanto alle questioni di merito quanto a quelle relative alla regolarità formale degli atti, compresa la regolarità della loro notifica.

Pertanto, in materia tributaria, il problema della tutela contro i vizi di notifica della cartella di pagamento, prima dell'esecuzione forzata, non si pone nemmeno, potendo sempre il contribuente ricorrere alla Commissione Tributaria.

Per quanto concerne gli altri crediti (multe stadali, contributi INPS ecc.) la Giurisprudenza ha sempre ammesso la possibilità di agire dinanzi il Giudice competente per materia.

La più recente (e condivisibile a mio parere) Giurisprudenza, qualifica tali azioni come accertamento negativo del diritto.

Quindi, per esempio, chi volesse far valere la nullità della notifica di una cartella di pagamento emessa sulla base di una multa stradale, non deve necessariamente attendere il pignoramento e subire passivamente eventuali preavvisi di fermo o intimazioni ma può agire dinanzi al Giudice di Pace, che è competente per materia, con un'azione di accertamento negativo del diritto (dell'Agente della Riscossione a procedere).

Tale azione è un'ordianario giudizio di cognizione e si svolge, pertanto, con le regole tipiche del rito di volta in volta da utilizzarsi; per esempio, se si trattasse di crediti INPS, invece che di multe stradali, l'azione sarebbe da introdursi con ricorso dinanzi al Giudice del Lavoro.

Parlerò più diffusamente dell'accertamento negativo del diritto nei prossimi articoli.

Infine, è fondamentale sottolineare che le sentenze emesse a seguito di opposizione agli atti esecutivi non sono appellabili e pertanto contro di esse l'unico rimedio esperibile è il ricorso per cassazione.

Dopo l'inizio dell'esecuzione forzata

Dopo l'inizio dell'esecuzione forzata, si possono fare valere, con l'opposizione agli atti esecutivi, tutti i vizi relativi alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, che non sia stato possibile fare valere prima dell'esecuzione. Tale impossibilità si verifica, tipicamente, quando non sono andate a buon fine le notifiche del titolo e del precetto.

Inoltre, a differenza di quanto avvenga prima dell'esecuzione, dopo di essa possono essere fatti valere i vizi di notifica del titolo e del precetto.

Come abbiamo ampiamente visto, nel contesto della riscossione mediante ruolo il titolo è il ruolo stesso, il precetto è la cartella di pagamento e la notifica di quest'ultima equivale alla notifica del titolo.

Possono, poi, farsi valere i vizi formali e di notifica di tutti gli altri atti dell'esecuzione forzata (es. del pignoramento).

L'opposizione si presenta con ricorso al Giudice dell'esecuzione entro 20 giorni dalla notifica del primo atto di esecuzione, se riguarda il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti sono stati compiuti, e comunque a far data dalla effettiva conoscenza dell'atto.

Così come avviene per l'opposizione all'esecuzione successiva all'inzio dell'esecuzione, anche per quella agli atti esecutivi proposta successivamente al pignoramento, il procedimento si divide in due fasi.

Una prima fase cautelare e sommaria ha lo scopo di consentire al Giudice di emettere, su richiesta di parte, i provvedimenti provvisori ritenuti necessari (es. sospensione). Emessi tali provvedimenti, il Giudice fisserà un termine per l'introduzione del giudizio di merito, che sarà volto ad accertare se il vizio formale contestato è effettivamente sussistente. Il giudizio di merito, trattandosi di opposizione agli atti esecutivi, si svolgerà sempre dinanzi al Tribunale, stante la competenza per materia di quest'ultimo.

La sentenza emessa in seno a tale giudizio non è appellabile e pertanto contro di essa è esperibile solo ed esclusivamente il rimedio del ricorso per cassazione.

original?tenant=vbu-digital

Il nostro primo post

15 gennaio 2020

DOMANDE e RISPOSTE

Puoi diminuire le imposte aprendo una società all’estero utilizzando la legge?

Quanto sono tassati gli utili della società estera distribuiti alla S.r.l. Italiana?

Ecco a cosa devi stare attento quando fai pianificazione fiscale internazionale e decidi di delocalizzare il reddito in un paese estero:

Quando una S.r.l. italiana paga le imposte sul 100% degli utili distribuiti dalla società estera?

Quando una S.r.l. italiana paga le imposte sul 50% degli utili della società estera?

Quando una S.r.l. italiana paga le imposte sul 5% degli utili distribuiti dalla società estera?

Quando una società estera è considerata a fiscalità privilegiata?

Procedura per comprendere in quale Paese estero ti conviene delocalizzare il reddito per tagliare il maggior numero di imposte

Cose a cui devi stare attento quanto hai una società estera controllata dalla tua S.r.l. italiana:

Non troverai un elenco dei paesi migliori e dei paesi peggiori, ma, invece, troverai una sintesi di tutto ciò che un buon imprenditore deve conoscere per poter valutare autonomamente dove, ed a quali condizioni, gli conviene aprire una società estera senza infrangere la legge e tagliando le imposte della S.r.l. al minimo possibile.

La primissima cosa a cui stare attento, quando decidi di aprire una società estera, è quella di evitare il reato di esterovestizione.

La soluzione a questa regola è che la delocalizzazione del reddito non è un reato, ma l’esterovestizione sì.

Seguire le regole.

Primo, basare le tue iniziative sui dati certi del bilancio corretto ed aggiornato grazie ad un controllo mensile dei numeri, frequente e continuativo;

Successivamente, conoscere gli strumenti che ti consentiranno di ridurre le imposte della società nel pieno rispetto della legge.

Tutta la piramide imprenditoriale si deve basare su queste due regole fondamentali e ti porterà, ovunque tu sia nel mondo, al vertice delle aspettative di ogni essere umano, ossia maggior tempo e maggior denaro per te.

Tagliare le imposte ti garantisce di avere più soldi rispetto a prima.

Puoi diminuire le imposte aprendo una società all’estero utilizzando la legge?

La risposta è: certo che puoi tagliare le imposte utilizzando una società estera grazie alla legge.

Una delle tecniche per tagliare le imposte utilizzando la legge è quella di aprire una società all’estero e svolgere regolarmente una parte dell’attività all’estero, per portare il reddito nella nuova società estera evitando di pagare le imposte che ci sono in Italia.

Detto in modo semplice, in una S.r.l. italiana paghi il 28% di imposte (24% di Ires e circa il 4% di Irap) mentre, con una società estera, nella maggior parte dei casi, paghi meno imposte sugli stessi redditi.

Il meccanismo è semplice, delocalizzando i redditi all’estero in una società estera invece che in Italia, paghi meno imposte rispetto a quelle che pagherebbe una S.r.l. italiana.

Per comprendere quando delocalizzi i redditi all’estero ad una società estera, nel rispetto della legge, ti riporto, di seguito, dei punti importanti per scoprire quando fai le cose correttamente per evitare l’accusa di esterovestizione:

– la società estera deve lavorare autonomamente con una propria organizzazione di mezzi e dipendenti, rispetto ai soci che sono in Italia;

– gli amministratori devono prendere le decisioni aziendali presso la sede della società estera e, comunque, non bisogna prendere scelte amministrative a nome della società estera quando si è fisicamente in Italia;

– il socio italiano non deve prendere scelte manageriali per conto della società estera in Italia. Nel caso le prendesse deve dichiarare parte del reddito in Italia in funzione del lavoro fatto in Italia;

– se il socio italiano fosse una persona fisica italiana rischierebbe maggiormente l’esterovestizione rispetto che intestare le quote alla S.r.l. . Non devi assolutamente lavorare per conto della società estera (ossia non devi fare scelte aziendali, non devi chiudere contratti, non devi coordinare dipendenti, non devi coordinare clienti, non devi coordinare fornitori) mentre sei fisicamente in Italia.

– se il socio della società estera fosse una S.r.l. holding italiana, avresti meno problemi relativamente all’esterovestizione, in quanto eventuali lavori per conto della controllata estera li potresti benissimo fatturare in Italia.

Siccome è più utile e funzionale intestare le quote della società estera ad una S.r.l. italiana, invece che intestarle direttamente a te persona fisica, bisogna comprendere che, gli utili che questa riceve dalla società estera, hanno 3 differenti livelli di imposizione fiscale.

Cosa che devi assolutamente comprendere perché rischieresti di pagare più imposte del dovuto sulla S.r.l. e che non ti farebbero fare la giusta scelta nella localizzazione della nuova società estera.

Quanto sono tassati gli utili della società estera distribuiti alla S.r.l. Italiana?

Gli utili che una società estera distribuisce ad una S.r.l. italiana devono essere tassati con uno di questi 3 metodi:

– Al 5% degli utili della società estera se questa è residente in Paese a fiscalità ordinaria. Dunque tagli il maggio numero di imposte perchè questi utili sarebbero esenti imposte per il 95%;

– Al 50% degli utili della società estera, avendo anche il vantaggio di un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, quando la società estera risiede in un Paese a fiscalità privilegiata ma dimostra che svolge veramente un’attività economica;

– Al 100% degli utili della società estera se questa ha la sede in un Paese a fiscalità privilegiata. Quindi paghi le imposte più alte in assoluto.

Come puoi notare ci sono 3 metodi diversi che ti fanno pagare un differente carico fiscale quanto una S.r.l. italiana riceve utili da una società estera. Cosa che, se utilizzata con intelligenza, ti consente di fare la scelta giusta per comprendere il Paese che ti fa diminuire le imposte sugli utili distribuiti nel rispetto della legge.

Detto in altro modo, se paghi troppe poche imposte con la società estera, lo Stato vuole che il socio dichiari per trasparenza i redditi nella sua personale dichiarazione dei redditi (privato oppure altra S.r.l. italiana).

Ricordandoti che, se incassi gli utili come persona privata paghi sempre con una imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza, mentre se incassi gli utili della società estera nella S.r.l. allora paghi le imposte secondo uno di questi 3 casi visti prima.

Ecco a cosa devi stare attento quando fai pianificazione fiscale internazionale e decidi di delocalizzare il reddito in un paese estero

Prima di proseguire, è necessario comprendere questo piccolo meccanismo per capire su quali tipologie di utili risparmi il carico fiscale.

Con una S.r.l. paghi le imposte su 2 livelli:

– il primo, quando generi un utile nella S.r.l. allora paghi il 28% di imposte complessive (il 24% di Ires e il 4% di Irap). Poi con gli utili netti, che rimangono dalle imposte nella S.r.l., li puoi distribuire o meno ai soci. In questo caso puoi tagliare il carico fiscale spostando del reddito in una società estera che paga meno del 28% di imposte italiane;

– se gli utili della S.r.l. italiana NON li distribuisci ai soci allora non paghi nessuna nuova imposta;

– dunque, per secondo, se gli utili della S.r.l. italiana li vuoi distribuire ai soci paghi ulteriori imposte che variano dal fatto che queste siano intestate a te direttamente come persona fisica oppure ad una tua S.r.l. . Ai fini di questa circolare è importante comprendere che, sugli utili di una S.r.l. italiana distribuiti ad un’altra S.r.l. italiana, si paga l’1,2% di imposte (cosa che per gli utili di una società estera distribuiti ad una S.r.l. italiana si paga una imposta che varia dall’1,2% al 24%).

Ecco, per la società estera il meccanismo è lo stesso, ma le aliquote sono diverse.

All’estero, la società estera, non pagherà il 28% di imposte Ires e Irap, ma un’aliquota diversa che, in molti dei casi, sarà minore di quella italiana.

E, quando la società estera distribuisce gli utili ad una S.r.l. italiana, allora questa ultima dovrà dichiarare gli utili della società estera al 100%, o al 50% oppure al 5% (cosa che si trasforma in una imposta da pagare che varia dall’1,2% al 24%).

Cosa che tu devi assolutamente considerare se vuoi evitare che, il risparmio fiscale ottenuto sulla società estera, sia annullato quando prelievi gli utili dalla società estera e li distribuisci nella S.r.l. italiana.

Quando una S.r.l. italiana paga le imposte sul 100% degli utili distribuiti dalla società estera?

Quando la società estera ha la residenza in un Paese in cui il livello di imposte risulta inferiori al 50% rispetto a quello italiano, allora il Paese estero risulta a fiscalità privilegiata, mentre la società estera risulterà residente in un Paese a fiscalità privilegiata.

Dunque lo Stato vuole che, in considerazione del fatto che le imposte della società estera sono troppo basse, tu paghi più imposta qui in Italia sugli utili che la società estera distribuisce alla S.r.l. italiana facendoli tassare al 100%.

Ossia la S.r.l. italiana tassa gli utili di una società estera che risiede in un Paese a fiscalità privilegiata al 100% (al contrario, gli utili di una S.r.l. italiana distribuiti ad un’altra S.r.l. italiana sono tassati al 5%).

Questo non lo dico io, ma il comma 3 dell’articolo 89 del Tuir (il Tuir è la legge fiscale dove è riportato tutto quello che riguarda il carico fiscale italiano).

Di seguito ti riporto un pezzo dell’articolo 89 del Tuir per mostrarti perché, sugli gli utili distribuiti dalla società estera che risiede in un Paese a fiscalità privilegiata ad una S.r.l. italiana, questa seconda deve tassarli al 100%.

Non preoccuparti se l’articolo fiscale appare complesso, subito, di seguito, ti riporto una breve sintesi.

Comma 3 Articolo 89 del T.u.i.r. (testo unico imposte sul reddito)

2. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche nei casi di cui all’articolo 47, comma 7, dalle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c), non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare. […] .

3. Verificandosi la condizione dell’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, l’esclusione del comma 2 si applica agli utili provenienti da soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), […], se diversi da quelli residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato […], o, […], sia dimostrato, […], il rispetto, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, della condizione indicata nel medesimo articolo, comma 2, lettera b).

Ossia che “dalle partecipazioni estere non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato”.

In sintesi, il comma 3 dell’articolo 89 del Tuir afferma che, la S.r.l. italiana deve tassare al 100% gli utili che riceve da una società estera se questa risiede in un Paese considerato a fiscalità PRIVILEGIATA.

Mentre sugli utili distribuiti alla S.r.l. italiana che provengono da una società estera che risiede in un paese a fiscalità ORDINARIA, si pagano le imposte sul 5% degli utili (cosa che è prevista anche per una S.r.l. italiana che distribuisce gli utili ad un’altra seconda S.r.l. italiana).

Dunque, di conseguenza, questo significa che, gli utili che una S.r.l. italiana riceve da una società estera che ha la sede presso un Paese a fiscalità privilegiata, paga il 24% di Ires senza poter beneficiare dell’imposta fiscale agevolata dell’1,2%.

Quando una S.r.l. italiana paga le imposte sul 50% degli utili della società estera?

Il secondo caso è quello in cui gli utili della società estera sono tassati al 50% sulla S.r.l. italiana, cosa che è sempre prevista dal comma 3 dell’articolo 89 del Testo unico delle imposte sul reddito.

Comma 3 Articolo 89 del T.u.i.r. (testo unico imposte sul reddito)

Gli utili provenienti dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato […], non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito dell’impresa o dell’ente ricevente per il 50 per cento del loro ammontare, a condizione che sia dimostrata, […], la sussistenza della condizione di cui al comma 2, lettera a), del medesimo articolo (ossia che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali); in tal caso, è riconosciuto al soggetto controllante, […], un credito d’imposta ai sensi dell’articolo 165 in ragione delle imposte assolte dall’impresa o ente partecipato […].

In sintesi, questo pezzo di articolo sta a delineare 2 cose diverse:

Sugli utili della società estera che risiede in Paesi a fiscalità privilegiata e che dimostrano che svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali, la S.r.l. italiana deve pagare il 50% di imposte (invece che al 100% come nel caso precedente).

Inoltre prevede che, per le imposte pagate all’estero, sia riconosciuto un credito d’imposta che va a diminuire l’imposta italiana pagata sugli utili della società estera.

Se con la società estera si dimostra che NON è stata aperta per delocalizzare il reddito solo per convenienza fiscale, allora la S.r.l. italiana deve tassare gli utili della estera al 5%.

Invece, se la società estera dimostra che svolge una vera attività economica con propri mezzi, allora la S.r.l. italiana tassa al 50% gli utili distribuiti da quella società estera.

Quando una S.r.l. italiana paga le imposte sul 5% degli utili distribuiti dalla società estera?

Tutti gli utili che la S.r.l. italiana prende dalle società estere che sono considerate residenti in un Paese a “tassazione ordinaria” (ossia nel Paese estero nel quale la società estera paga almeno o più del 50% delle imposte che avrebbe pagato in Italia), sono tassati al 5%, invece che al 50% oppure al 100% come nei due casi precedenti.

Detto in un’altro modo, gli utili che una S.r.l. italiana prende da una società estera sono esenti imposta per il 95%.

Detto in modo ancora più semplice, se la tassazione della società estera non è troppo distante da quella che sarebbe stata applicata su una S.r.l. italiana, allora si pagano le imposte solo sul 5% degli utili di fonte estera.

Quando una società estera è considerata a fiscalità privilegiata?

La Legge di stabilità 2016 ha eliminato ogni riferimento alla “black list” di cui al d.m. 21 novembre 2001 dal comma 4 dell’articolo 167 del Tuir.

Quest’ultima norma stabilisce che: “i regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”.

Questo significa che per comprendere se una società estera risiede in un paese a fiscalità privilegiata non bisogna più fare riferimento ad una lista di paesi considerati “black list”, ma semplicemente bisogna comprendere se il paese estero ha delle imposte che sono inferiori al 50% rispetto a quelle applicate in Italia nella medesima situazione.

Procedura per comprendere in quale Paese estero ti conviene delocalizzare il reddito per tagliare il maggior numero di imposte

L’obiettivo ultimo di questa circolare non è solo quello di semplificarti l’interpretazione delle norme fiscali, ma è, soprattutto, quello di ottenere un sistema che ti permetta di prendere delle scelte strategiche sulla S.r.l. in modo tale da aver il maggio numero di bonus fiscali previsti dalla legge.

Per questo motivo, qui, di seguito, ti riporto la procedura che devi seguire per individuare in quale Paese ti conviene aprire una società estera riducendo il più possibile il carico fiscale complessivo della tua S.r.l. italiana:

Identifichi il livello di tassazione del Paese dove risiede la società estera;

Verifichi se questo Paese estero sia considerato a fiscalità privilegiata oppure è considerata a fiscalità ordinaria comprendendo se il livello di tassazione del Paese estero è superiore al 50% rispetto al livello di tassazione in Italia della S.r.l.;

Consideri il Paese estero buono per te solo se il suo livello della tassazione del Paese estero è superiore al 50% di quello italiano;

Fai una ulteriore verifica se il Paese estero che hai selezionato abbia le caratteristiche per far crescere al meglio il tuo business, compreso anche la parte burocratico di quel Paese, oltre che ad avere un livello di imposte minore rispetto a quelle che pagherebbe una S.r.l. italiana;

Ecco, ora hai trovato il tuo Paese estero dove delocalizzare il reddito, nel rispetto della legge, e diminuendo le imposte della S.r.l. .

Un principio di pianificazione fiscale internazionale è il fatto che puoi benissimo risparmiare le imposte spostando delle attività aziendali in una società estera, ma devi prima di tutto selezionare un Paese estero dove la differenza di tassazione non superi il 50% rispetto a quella italiana.

Questo perché, se così non fosse, tu dovresti tassare gli utili della società estera al 100% invece che il 5% che avrebbe una società estera che risiede in un Paese a fiscalità ordinaria.

Ma ricordati che, comprendere la vera convenienza fiscale nell’aprire una società all’estero e delocalizzare una parte di fatturato della S.r.l. italiana, lo puoi scoprire solo facendo i calcoli con precisione nella tua specifica situazione, considerando la tassazione dello Stato estero, i tuoi obiettivi imprenditoriali ed i tuoi obiettivi personali.

Cose a cui devi stare attento quanto hai una società estera controllata dalla tua S.r.l. italiana:

Ora che hai una procedura che ti delinea come assemblare a tuo vantaggio le norme fiscali sugli utili della società estera, ho deciso di condividere un nuovo breve capitolo per elencarti delle informazioni in cui puoi imbatterti quando fai ricerca su internet su questo argomento, e che non devono farti confondere su quello che è per te importante per fare la tua scelta strategica migliore quando stai decidendo di aprire una società all’estero:

– Queste regole che hai appena visto si applicano, di sicuro, alle S.r.l. che hanno una qualsiasi partecipazione diretta ad una società estera, sia in caso di quota maggioritaria che minoritaria. Nel caso in cui la società estera fosse controllata da un’altra società estera che poi è controllata dalla S.r.l. italiana, allora ci deve essere il requisito del controllo. Ossia che la S.r.l. italiana deve avere il controllo di fatto sulla ultima società estera;

– Le società estere europee non devono essere considerare in questa norma ma, per sicurezza, verifica sempre il requisito della tassazione inferiore al 50% rispetto alla tassazione italiana.

bottom of page